L’ESULE FERRUCCIO GIURINI, 88 ANNI, AGLI
ALUNNI: “HO SCELTO DI RIMANERE ITALIANO E SONO STATO ESULE IN PATRIA.”
Questa mattina Maurizio Federici e Silvano Olmi, esponenti del
Comitato 10 Febbraio di Viterbo, hanno tenuto un incontro dibattito con gli
alunni dell’Istituto Comprensivo “Ernesto Monaci” di Soriano nel Cimino (VT).
La manifestazione è stata possibile grazie alla dirigente scolastica
Emilia Conti, la sua vice Cinzia Mechelli e la professoressa Teresa Stasi. Con
l’ausilio di diapositive e filmati, i ragazzi hanno potuto approfondire la
storia del confine orientale d’Italia, la tragedia delle foibe e l’esodo di 350
mila italiani. La classe 3A ha realizzato una bella ricerca, realizzando un
cartellone che è stato donato al Comitato 10 Febbraio di Viterbo.
Gli alunni hanno avuto il privilegio di ascoltare la testimonianza di
Ferruccio Giurini, nato a Zara ma residente a Viterbo, 88 anni, che ha
raccontato ai ragazzi come scappò dalla sua città natale ormai occupata dagli
jugoslavi.
“Nei terribili bombardamenti anglo americani della mia città ho perso la
mamma, un fratello e una sorella – ha raccontato Giurini, interrotto spesso
dagli applausi – a Zara non c’erano le
foibe, i comunisti titini gettavano in mare gli italiani dopo aver legato ai loro
piedi dei massi. In questo clima, il 26 agosto 1949, decidemmo con altri
quattro amici di fuggire via mare a bordo di una barchetta. Io ero il più
giovane, avevo 17 anni, ma ero molto forte e praticavo il canottaggio. Remavamo
a turno, quattro vogavano e uno si riposava. Dopo due giorni in Adriatico, incrociammo
una nave inglese diretta a Trieste. Il capitano, visto che scappavamo dalla
Jugoslavia, non voleva fastidi: ci fornì di acqua potabile e ci abbandonò al
nostro destino. Le condizioni meteorologiche peggiorarono e noi invece di raggiungere
Ancona decidemmo di puntare la barca verso Fano, per avere il vento a favore. Eravamo
stremati dalla fatica e con gli abiti stracciati. Giunti in prossimità della
costa, fummo salvati da un peschereccio. Le autorità italiane ci misero in
carcere e fummo sottoposti a continui interrogatori. Poi ci trasferirono nell’ex
campo di prigionia “Le Fraschette” di Alatri, trasformato in un Centro Raccolta
per i Profughi. Mi chiamavano con il numero di matricola e non per nome. I miei
compagni li liberarono subito: due andarono in Canada e due emigrarono in
Australia. Io no perché ero minorenne. Siccome avevo due sorelle in Italia, fui
liberato dopo alcuni mesi perché un mio cognato garantì per me. Sono stato alle
dipendenze di una ditta di Roma che lavorava con l’INPS e l’ultimo incarico è
stato a Viterbo, città dove attualmente risiedo. Quando mi chiesero se volevo
rimanere italiano o optare per la cittadinanza jugoslava non ebbi esitazioni –
ha concluso Ferruccio Giurini - ero italiano e decisi di rimanere italiano per
tutta la vita.”
Comitato 10 Febbraio Viterbo
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